a cura dell'On. Paolo Ciani - Segretario Demos L'unica vittoria sarà la pace Il 24 febbraio l’invasione militare russa contro l’Ucraina, uno Stato sovrano e indipendente ha aperto un conflitto terribile nel cuore dell’Europa. 278 giorni di guerra, decine di migliaia di morti, distruzione, violenza. L'attenzione per il dramma Ucraino è proceduto a fasi alterne, ma è importante fermarsi oggi a riflettere su questi mesi affinchè si mantenga la massima attenzione sulla guerra, che è la più grande tragedia della nostra storia. L’Italia si è stretta da subito con l’Europa attorno all’Ucraina, Paese aggredito e occupato, lo ha sostenuto economicamente, militarmente, umanitariamente. Ed ha fatto bene. Perché la guerra oltre a morte e distruzione, ha provocato un immenso esodo di milioni di cittadini – al 90% donne e bambini – a cui dare risposta. E vorrei ringraziare le migliaia di nostri concittadini che hanno aiutato i profughi: aprendo le loro case, le loro famiglie, aiutando economicamente; è stato un grande momento di generosità e fraternità del nostro popolo, che fa onore all’Italia. Grazie! Purtroppo in questo tempo si è provato troppo a normalizzare il demone della guerra: è aumentato un linguaggio bellicista, si è mostrata la guerra degli altri e raccontato l’uso delle armi, le strategie militari, la descrizione delle offensive e delle controffensive. Come fossimo in un film… ma la guerra non è un film! Lo sanno bene gli anziani italiani che ancora raccontano la tragedia della guerra in casa nostra. Lo sapevano bene i padri costituenti che nella nostra Costituzione hanno inserito un articolo che recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”. Ed è interessante andare a rileggere il dibattito che alla Costituente ha dato corpo a questo articolo (l’ho fatto in questi mesi): tra i costituenti vi erano partigiani che negli anni precedenti avevano imbracciato le armi e combattuto – non certo anime belle pacifiste come qualcuno ha definito in questi mesi chi osava parlare di mediazione e pace – ecco proprio quei partigiani furono tra coloro che insistettero per “ripudiare” la guerra, perché l’avevano vissuta in prima persona e non dal salotto di casa propria. Ecco, mai dobbiamo pensare al demone della guerra come ad un compagno di strada “normale” della nostra storia. Oggi le guerre si eternizzano. Lo sanno bene i popoli di tanti Paesi troppo spesso dimenticati: la Somalia, la Libia, l’Afghanistan, lo Yemen, la Siria (per citarne alcuni). Pensiamo alla Siria: 11 anni di guerra senza fine. Abbiamo seguito con attenzione i primi tempi della guerra: la distruzione di città come Aleppo, le violenze, l’uso dei gas, le stragi di minoranze. Ma chi parla oggi della Siria? Non dobbiamo dimenticare! Uno dei mali del nostro tempo è l’assuefazione al dolore degli altri. Noi italiani e europei che abbiamo goduto di una lunga pace, purtroppo l’abbiamo considerata scontata. La guerra era qualcosa degli altri, dei popoli non europei ed oggi ce la ritroviamo in casa. Forse perché è scomparsa la generazione dei testimoni che portavano la memoria dell’orrore della guerra mondiale e ci dicevano come nella guerra possono avvenire le cose più orribili e si sviluppino i sentimenti peggiori, l’odio, la vendetta, il disprezzo. In questi mesi si è parlato della ricerca della pace come velleitarismo, come buonismo e ancora peggio come tradimento. Invece, se non si cerca la pace per l’Ucraina si tradisce un popolo intero. Certo la pace deve essere giusta, sicura. Ma, come ha detto recentemente il presidente francese Macron, la pace è impura, perché la pace nasce dalla guerra che è la cosa più sporca, sporca di sangue e di odio, il peggio che esiste al mondo. Lo ha ricordato al termine della manifestazione per la pace del 5 novembre a Roma Andrea Riccardi, un pacificatore, mediatore di un conflitto che ha prodotto più di un milione di morti – quello in Mozambico – che proprio qui a Roma ha trovato un luogo di mediazione e la firma della Pace. La manifestazione del 5 è stato un segnale importante: gente diversa, lavoratori del sindacato, vari gruppi cattolici, organizzazioni pacifiste e sociali che si sono riunite ribadendo la condanna della guerra russa e ricordando come la pace sia l'obiettivo di fondo di ogni politica. Sia chiaro, Pace non vuole dire debolezza nei confronti degli aggressori. Condanniamo con fermezza l’invasione Russa, una aggressione immotivata ed ingiustificabile. E per questo rivendichiamo gli interventi che l’Italia ha promosso fino ad oggi. E proprio dinanzi al protrarsi e alle evoluzioni della guerra riteniamo importante un nuovo impegno. Ci vuole un nuovo investimento su una diplomazia che cerchi efficacemente nuove strade, a cominciare da un cessate il fuoco. Bisogna investire di più sul dialogo, sulla mediazione, perché solo il dialogo, la diplomazia ci daranno la pace, coinvolgendo la comunità internazionale, l’ONU, gli Stati Uniti, l’Europa che deve avere di più una sua politica di pace. Lo dico dinanzi al dramma della guerra in Ucraina e alle sofferenze del suo popolo. E dinanzi alla minaccia atomica che non è un fantasma evocato, ma è una realtà che può essere possibile e che speravamo di aver consegnato alla storia. Bisogna aprire un negoziato e una tregua che eviti questa escalation. Papa Francesco, ed io sono con lui, ha scritto: "la guerra è il fallimento della politica, è il fallimento dell’umanità, è una resa vergognosa, è una sconfitta di fronte alla forza del male". Con papa Francesco, vorrei dire, non siamo neutrali, ma schierati per la pace. Per raggiungere questo obiettivo c’è bisogno dell’audacia di ciascuno. Perché la guerra non ci travolga tutti ci vuole una pace dei forti, una pace chiesta con forza. Non abituiamoci alla guerra! Le immagini orrende di Bucha, i bombardamenti di queste ore su Kherson, i racconti e i video di distruzione, ci chiamano ad un impegno nuovo.Per questo oltre a rinnovare la nostra solidarietà e il nostro impegno per l’Ucraina, chiediamo un nuovo e maggior impegno nazionale ed internazionale per cercare vie di dialogo e negoziato. Accanto agli ucraini, solidali con le loro sofferenze, con una convinzione profonda per cui spendersi: l’unica vittoria sarà la pace! |