La ricchezza è riconoscersi umani
Grazia Baroni
ci spiega che il motore dello sviluppo umano non può essere la capacità produttiva né il denaro, ma l’umanità.
In Italia, in Europa e nel mondo sta avanzando una visione che non guarda al futuro ma solo al passato, riproponendo una società verticistica. Si stanno ripercorrendo i passi che un secolo fa ci avevano portato all’affermazione dei totalitarismi. Inoltre al senato è stata approvata l’autonomia differenziata, che smonta la conquista storica acquisita nel 1861 con l’unità d’Italia, che avrebbe potuto essere paradigma dell’unificazione dell’Europa. L’unità d’Italia per personaggi come Mazzini era già l’inizio dell’unificazione dell’Europa: “la Giovane Italia nella Giovane Europa” era il suo motto. E lo si sta facendo con noncuranza come se questo passaggio storico non fosse stato una conquista raggiunta faticosamente e dolorosamente.
Perché stiamo ripetendo quanto è già avvenuto ed già è stato giudicato dalla storia come un cammino senza sbocco per l’umanità? Perché non si insegna la storia nella sua qualità di trasformazione della realtà da parte dell’uomo, col fine di renderla sempre più confacente al suo desiderio di relazione tra gli esseri umani e di armonia con l’ambiente. Si tramanda la storia come una lotta continua, come il racconto del rapporto di forze contrapposte per il dominio, prima dei territori, poi delle risorse e dei mercati. Come fosse l’ineluttabile destino dell’umanità. Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal terrore di una guerra nucleare, che anziché lavorare per la pace ha usato la paura e il terrore per sospendere i conflitti. Ci sono stati dei tentativi, come il patto per il disarmo tra Gorbaciov e Regan, ma non sono stati sufficienti a creare una cultura diffusa della pace. Questo periodo storico ci insegna che la sospensione dei conflitti non vuol dire costruire la pace, come gli eventi storici successivi dimostrano.
Negli ultimi anni i governi totalitari di Russia e Cina si sono alleati per dimostrare che il modello democratico che si fonda sulla giustizia sociale e sulla pari dignità di ogni essere umano non è idoneo al governo del mondo e che ci vuole il loro modello verticistico dove pochi hanno la possibilità di decidere e molti devono sottomettersi. Questo hanno dichiarato con l’invasione dell’Ucraina. E questo può accadere perché i paesi che hanno ereditato dalle generazioni precedenti i vantaggi della democrazia, non hanno saputo riconoscerne il valore storico di tappa evolutiva essenziale di crescita dell’intera umanità. Hanno lasciata intatta la cultura della contrapposizione, perciò l’hanno valutata come uno strumento di supremazia dell’occidente contro il resto del mondo: ancora una volta nell’ottica di rapporto di forze.
Le ultime votazioni europee hanno dimostrato che non si è capito che in ballo c’è il mantenimento e il consolidamento del modello democratico, che è ancora tutto da costruire e perfezionare, sì, perché è basato sul valore dell’essere umano e della dignità umana, che sono in continua trasformazione, che può essere garantita solo dalla realizzazione di una società che ti permette di scegliere e di realizzare la libertà personale nella libertà comune: la democrazia.
I cittadini europei sono ancora fermi a vedere tra i contendenti chi ne esce vincente, ancora la contrapposizione tra fazioni per decidere chi è il più forte. Dopo la seconda guerra mondiale con il progetto della Comunità Europea non si era già capito che non si può più continuare in questa contrapposizione tra bene e male, tra forte e debole, tra pochi e molti? Non si era già capito che il valore della vita umana è vivere in libertà? E non certo vivere in una sicurezza impossibile da garantire e che il valore della libertà non può che essere condiviso? Questo principio è declinato sia nella Costituzione italiana che nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dovrebbe essere ribadito in una futura Costituzione europea formulata da un Parlamento costituente democraticamente eletto a tale scopo.
Dopo l’esplicitazione del progetto europeo, restava il problema di capire come realizzarlo, ma nel cammino per trovare la via, stiamo rischiando di tornare indietro, ad un governo autocratico e piramidale. I cittadini stanno perdendo fiducia nei partiti poiché questi non danno prospettiva ma ripropongono la vecchia contrapposizione di chi è più forte e hanno adottato come unità di misura la dimensione economico-finanziaria del profitto anziché la centralità della vita umana. I partiti hanno scelto di darsi la ricerca del consenso come loro finalità, hanno rinunciato a rappresentare la varietà delle diverse esigenze della comunità umana per la costruzione di una vita da condividere con il maggior numero possibile di cittadini perché hanno rinunciato ad elaborare la ricerca del bene comune.
Il motore dello sviluppo umano non può essere la capacità produttiva né il denaro, è l’umanità che si riconosce valore.
Per riuscire a costruire la democrazia bisogna prima di tutto conoscere la storia da cui veniamo, per capirne la qualità e poterla condividere e perché consideriamo quei valori irrinunciabili in quanto storici e perciò umani.
Per esempio in Italia, la creazione del Ministero del Made in Italy come massimo valore italiano, nel trasformare in merce questo valore, misconosce la vera particolarità della nostra civiltà.
Qualcuno sa che il paesaggio, per dirne una, è una creazione di età romana? Roma ha costruito il concetto di paesaggio creando un’ambientazione scenografica all’ingresso nelle sue città tale da suscitare nello straniero lo stupore e il desiderio di conoscere questa straordinarietà.
In questo modo diminuiva l’atteggiamento di difesa o di attacco per lasciar posto al desiderio di conoscenza e di apertura, alla relazione e alla comunicazione con la novità incontrata.
Questa è la qualità dell’arte diffusa in Italia che poi si è moltiplicata nei secoli avendo sempre come misura l’essere umano, che era soggetto e fine di ogni espressione e di ogni creazione.
L’arte ha mantenuto come senso la qualità dell’essere umano nella sua individualità e nel suo desiderio di mettersi in relazione con gli altri e con l’ambiente.
L’arte era l’espressione del progetto comune di mostrare la bellezza della società di appartenenza e di descrive il desiderio di condividerla con il viandante e lo straniero affinché si sentano accolti da un ambiente famigliare, come si vede chiaramente nel palazzo ducale di Mantova. Addirittura i Medici a Firenze finanziano la costruzione degli Uffizi per rendere patrimonio dei fiorentini le opere d’arte della propria famiglia. Gli Uffizi rappresentano la sintesi di questa visione del valore pubblico della creatività e della cultura.
E’ un concetto tipico dell’umanesimo: per accogliere l’altro nella sua singolarità devi sapere e mostrare chi sei, in quali valori credi, per poter costruire una relazione paritaria di condivisione. Quando i politici sbandierano la paura dell’invasione dello straniero, per creare consenso, danno dell’Italia una visione meschina, piccola e impotente, dichiarano che non abbiamo niente da condividere con gli altri, e se pure abbiamo qualcosa è poco, non è sufficiente neanche per gli italiani. Lo si deve difendere, nascondere, rendere inaccessibile, agli italiani stessi e agli altri. Ci rende poveri come l’avaro che non sa di essere ricco, esattamente l’opposto di quella che è stata nel tempo la cultura italiana, anche nelle manifestazioni particolari delle tradizioni locali, che infatti hanno questo elemento in comune.
Anche la cucina, una delle espressioni più “vendute” del made in Italy è frutto di questa capacità di saper accogliere trasformando il poco della civiltà contadina in un’abbondanza gustosa da condividere, usando tutte le risorse al massimo delle loro potenzialità e senza sprechi. Come per esempio gli spaghetti che con la stessa quantità di farina che serve per una pagnotta che può essere spartita tra cinque persone, ne sfama una dozzina. Questo in tutta Italia: di ogni microclima vengono sfruttate le potenzialità e dove non ci sono si sono inventate come è accaduto con le vigne delle Cinque Terre.
Anche per l’Europa vale lo stesso principio. Sappiamo chi siamo e dobbiamo farci rispettare perché riconosciamo il valore di tutti gli esseri umani. Sappiamo che la democrazia è una conquista storica che succede alla laicizzazione dello stato e al riconoscere la parità delle persone in tutte le sue manifestazioni, infatti senza giustizia sociale non c’è democrazia.
Accoglienza non significa lasciar fare senza controllo, significa organizzazione attiva, non una difesa passiva che alza mura. Bisogna conoscere la propria cultura e mostrarla, condividerla, in modo che chi viene a vivere in Europa lo faccia perché desidera sposarne la cultura.
O costruire il progetto Europeo e realizzare lo stato europeo autonomo o tornare alla frammentazione… non si può continuare a stare sospesi su una via di mezzo in cui si parla di Europa ma non la si costituisce e che perciò diventa un vincolo anziché un’opportunità
Con queste votazioni europee è venuta chiara sia la dimensione europea che quella italiana. Risulta che gli Italiani non stanno riflettendo sulla propria storia, su ciò che ci ha reso quello che siamo e che l’Europa altrettanto. Ma se non si decide a concludere il suo progetto sarà destinata al disfacimento e all’emarginazione dai centri decisionali della politica mondiale come continua a ribadire il Presidente Mattarella.
Perché stiamo ripetendo quanto è già avvenuto ed già è stato giudicato dalla storia come un cammino senza sbocco per l’umanità? Perché non si insegna la storia nella sua qualità di trasformazione della realtà da parte dell’uomo, col fine di renderla sempre più confacente al suo desiderio di relazione tra gli esseri umani e di armonia con l’ambiente. Si tramanda la storia come una lotta continua, come il racconto del rapporto di forze contrapposte per il dominio, prima dei territori, poi delle risorse e dei mercati. Come fosse l’ineluttabile destino dell’umanità. Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal terrore di una guerra nucleare, che anziché lavorare per la pace ha usato la paura e il terrore per sospendere i conflitti. Ci sono stati dei tentativi, come il patto per il disarmo tra Gorbaciov e Regan, ma non sono stati sufficienti a creare una cultura diffusa della pace. Questo periodo storico ci insegna che la sospensione dei conflitti non vuol dire costruire la pace, come gli eventi storici successivi dimostrano.
Negli ultimi anni i governi totalitari di Russia e Cina si sono alleati per dimostrare che il modello democratico che si fonda sulla giustizia sociale e sulla pari dignità di ogni essere umano non è idoneo al governo del mondo e che ci vuole il loro modello verticistico dove pochi hanno la possibilità di decidere e molti devono sottomettersi. Questo hanno dichiarato con l’invasione dell’Ucraina. E questo può accadere perché i paesi che hanno ereditato dalle generazioni precedenti i vantaggi della democrazia, non hanno saputo riconoscerne il valore storico di tappa evolutiva essenziale di crescita dell’intera umanità. Hanno lasciata intatta la cultura della contrapposizione, perciò l’hanno valutata come uno strumento di supremazia dell’occidente contro il resto del mondo: ancora una volta nell’ottica di rapporto di forze.
Le ultime votazioni europee hanno dimostrato che non si è capito che in ballo c’è il mantenimento e il consolidamento del modello democratico, che è ancora tutto da costruire e perfezionare, sì, perché è basato sul valore dell’essere umano e della dignità umana, che sono in continua trasformazione, che può essere garantita solo dalla realizzazione di una società che ti permette di scegliere e di realizzare la libertà personale nella libertà comune: la democrazia.
I cittadini europei sono ancora fermi a vedere tra i contendenti chi ne esce vincente, ancora la contrapposizione tra fazioni per decidere chi è il più forte. Dopo la seconda guerra mondiale con il progetto della Comunità Europea non si era già capito che non si può più continuare in questa contrapposizione tra bene e male, tra forte e debole, tra pochi e molti? Non si era già capito che il valore della vita umana è vivere in libertà? E non certo vivere in una sicurezza impossibile da garantire e che il valore della libertà non può che essere condiviso? Questo principio è declinato sia nella Costituzione italiana che nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e dovrebbe essere ribadito in una futura Costituzione europea formulata da un Parlamento costituente democraticamente eletto a tale scopo.
Dopo l’esplicitazione del progetto europeo, restava il problema di capire come realizzarlo, ma nel cammino per trovare la via, stiamo rischiando di tornare indietro, ad un governo autocratico e piramidale. I cittadini stanno perdendo fiducia nei partiti poiché questi non danno prospettiva ma ripropongono la vecchia contrapposizione di chi è più forte e hanno adottato come unità di misura la dimensione economico-finanziaria del profitto anziché la centralità della vita umana. I partiti hanno scelto di darsi la ricerca del consenso come loro finalità, hanno rinunciato a rappresentare la varietà delle diverse esigenze della comunità umana per la costruzione di una vita da condividere con il maggior numero possibile di cittadini perché hanno rinunciato ad elaborare la ricerca del bene comune.
Il motore dello sviluppo umano non può essere la capacità produttiva né il denaro, è l’umanità che si riconosce valore.
Per riuscire a costruire la democrazia bisogna prima di tutto conoscere la storia da cui veniamo, per capirne la qualità e poterla condividere e perché consideriamo quei valori irrinunciabili in quanto storici e perciò umani.
Per esempio in Italia, la creazione del Ministero del Made in Italy come massimo valore italiano, nel trasformare in merce questo valore, misconosce la vera particolarità della nostra civiltà.
Qualcuno sa che il paesaggio, per dirne una, è una creazione di età romana? Roma ha costruito il concetto di paesaggio creando un’ambientazione scenografica all’ingresso nelle sue città tale da suscitare nello straniero lo stupore e il desiderio di conoscere questa straordinarietà.
In questo modo diminuiva l’atteggiamento di difesa o di attacco per lasciar posto al desiderio di conoscenza e di apertura, alla relazione e alla comunicazione con la novità incontrata.
Questa è la qualità dell’arte diffusa in Italia che poi si è moltiplicata nei secoli avendo sempre come misura l’essere umano, che era soggetto e fine di ogni espressione e di ogni creazione.
L’arte ha mantenuto come senso la qualità dell’essere umano nella sua individualità e nel suo desiderio di mettersi in relazione con gli altri e con l’ambiente.
L’arte era l’espressione del progetto comune di mostrare la bellezza della società di appartenenza e di descrive il desiderio di condividerla con il viandante e lo straniero affinché si sentano accolti da un ambiente famigliare, come si vede chiaramente nel palazzo ducale di Mantova. Addirittura i Medici a Firenze finanziano la costruzione degli Uffizi per rendere patrimonio dei fiorentini le opere d’arte della propria famiglia. Gli Uffizi rappresentano la sintesi di questa visione del valore pubblico della creatività e della cultura.
E’ un concetto tipico dell’umanesimo: per accogliere l’altro nella sua singolarità devi sapere e mostrare chi sei, in quali valori credi, per poter costruire una relazione paritaria di condivisione. Quando i politici sbandierano la paura dell’invasione dello straniero, per creare consenso, danno dell’Italia una visione meschina, piccola e impotente, dichiarano che non abbiamo niente da condividere con gli altri, e se pure abbiamo qualcosa è poco, non è sufficiente neanche per gli italiani. Lo si deve difendere, nascondere, rendere inaccessibile, agli italiani stessi e agli altri. Ci rende poveri come l’avaro che non sa di essere ricco, esattamente l’opposto di quella che è stata nel tempo la cultura italiana, anche nelle manifestazioni particolari delle tradizioni locali, che infatti hanno questo elemento in comune.
Anche la cucina, una delle espressioni più “vendute” del made in Italy è frutto di questa capacità di saper accogliere trasformando il poco della civiltà contadina in un’abbondanza gustosa da condividere, usando tutte le risorse al massimo delle loro potenzialità e senza sprechi. Come per esempio gli spaghetti che con la stessa quantità di farina che serve per una pagnotta che può essere spartita tra cinque persone, ne sfama una dozzina. Questo in tutta Italia: di ogni microclima vengono sfruttate le potenzialità e dove non ci sono si sono inventate come è accaduto con le vigne delle Cinque Terre.
Anche per l’Europa vale lo stesso principio. Sappiamo chi siamo e dobbiamo farci rispettare perché riconosciamo il valore di tutti gli esseri umani. Sappiamo che la democrazia è una conquista storica che succede alla laicizzazione dello stato e al riconoscere la parità delle persone in tutte le sue manifestazioni, infatti senza giustizia sociale non c’è democrazia.
Accoglienza non significa lasciar fare senza controllo, significa organizzazione attiva, non una difesa passiva che alza mura. Bisogna conoscere la propria cultura e mostrarla, condividerla, in modo che chi viene a vivere in Europa lo faccia perché desidera sposarne la cultura.
O costruire il progetto Europeo e realizzare lo stato europeo autonomo o tornare alla frammentazione… non si può continuare a stare sospesi su una via di mezzo in cui si parla di Europa ma non la si costituisce e che perciò diventa un vincolo anziché un’opportunità
Con queste votazioni europee è venuta chiara sia la dimensione europea che quella italiana. Risulta che gli Italiani non stanno riflettendo sulla propria storia, su ciò che ci ha reso quello che siamo e che l’Europa altrettanto. Ma se non si decide a concludere il suo progetto sarà destinata al disfacimento e all’emarginazione dai centri decisionali della politica mondiale come continua a ribadire il Presidente Mattarella.