Una riflessione di Grazia Baroni sulla compatibilità del liberismo con un futuro rispettoso dei diritti delle persone e dell’ambiente





Le crisi aumentano. La crisi umanitaria aumenta, a cominciare da quella dell’immigrazione che non accenna a diminuire, aumentano i numeri delle persone che cercano la sopravvivenza fuggendo da situazioni di pericolo. Le morti continuano ad aumentare. Aumenta la crisi alimentare, dovuta al cambiamento climatico che sta producendo un’inedita siccità, e alla guerra in Ucraina che è il più grosso granaio del mondo. Aumenta la crisi energetica.

L’emergenza pandemica ha messo in luce l’inadeguatezza della logica del profitto che ha reso inefficiente e insufficiente la struttura dei servizi, a questo si aggiunge una nuova crisi bancaria che di nuovo ribadisce che la logica liberista non funziona, come già era stato evidente con la crisi del ’29, perché non è adeguata all’evoluzione e alla qualità della vita umana e distrugge l’ambiente. Inoltre, questa crisi bancaria colpisce l’Istituto che investiva sulle innovazioni e mette in evidenza che il vecchio modello economico, basato sul consumo e sull’uso delle energie fossili, fa resistenza e il potere consolidato non cede spazio alla ricerca per un cambiamento perché non ha intenzione di perdere i privilegi acquisiti; ma più la corda si tende, più il cambiamento sarà doloroso, come la storia insegna.

La realtà è complessa le risposte devono rispettare la complessità della realtà, altrimenti la toppa sarà peggiore del buco. Certamente il cambiamento climatico non può essere risolto solo sostituendo il motore a endocombustione con un motore elettrico, è necessario un cambiamento di logica.

Gli allarmi sono sempre più pressanti. Quanti morti dovranno ancora esserci prima di capire che la logica liberista non è sostenibile, perché supportata dalla logica del consumo, e non prende in considerazione che il pianeta è limitato nelle sue risorse? Lo sviluppo non si può costruire sulle quantità ma solo sulla qualità a partire da quella della vita umana che comprende il rispetto dell’ambiente. Il benessere dell’essere umano è basato sull’equilibrio delle quantità e sullo sviluppo della qualità. La quantità è incrementabile solo all’interno della logica della condivisione. Smettiamo di pensare in maniera manichea. La vita umana e la natura sono complesse, nell’umiltà di riconoscere che la nostra natura è ancora molto sconosciuta, dobbiamo continuare a crescere nel comportamento democratico per concretizzare la giustizia sociale che ci fa uscire dalla dicotomia tra privilegi e sudditanze, tra ricchezza e povertà, e imboccare finalmente la strada dello sviluppo.

Sarebbe sufficiente limitarsi a usare la quantità di energia che la natura può assorbire e rinnovare. Tuttavia, la cosa evidente è che dobbiamo conoscere meglio come siamo fatti noi e come è fatto il nostro ambiente perché ancora non sappiamo né chi siamo né in quale mondo abitiamo. Questo ci dovrebbe suggerire che l’unico investimento sensato sarebbe sulla conoscenza, sulla sua diffusione e sulla ricerca dei diversi aspetti della realtà.

Veramente qualcuno può credere che il fenomeno dell’immigrazione si possa fermare mettendo fuorilegge le persone che cercano di migliorare la propria qualità della vita o peggio che cercano di fuggire da una realtà di violenza o di fame? Chiamare clandestini persone che cercano di sopravvivere al di fuori della propria terra, perché lì non hanno possibilità di vivere, è solo un modo sbrigativo, volutamente ignorante se non addirittura offensivo per escluderle dal consesso civile, per timbrarle come inadatte alla convivenza sociale.

La democrazia se inizi a difenderla, la perdi. Bisogna praticarla, cioè condividerla, migliorandola. Questo è un criterio di riferimento. Bisogna esercitarci a uscire dalla logica dei previlegi e usare la creatività per inventarci soluzioni nuove.

Non si deve far diventare l’Europa una fortezza chiusa ma si deve cercare di realizzare sempre meglio i principi democratici per far emergere la convenienza del sistema democratico, per chi vuole governare perché il modello democratico è basato proprio sull’aumento della qualità della vita e quindi richiede partecipazione a progetti comuni, in modo che i governi degli altri paesi attualmente presenti prendano come modello la democrazia. Il modello autocratico che si fonda su pochi previlegiati a scapito della maggioranza non può fare a meno di azioni di controllo e si basa su rapporti di forza che hanno come metodo il conflitto, questo è negli interessi di chi produce armi ma non certo di chi ha come prospettiva lo sviluppo e l’evoluzione della vita e della società umana.

Se non si vuole legittimare una società che ha come presupposto la divisione tra ricchi e poveri, tra previlegi e obblighi, bisogna cambiare radicalmente la visione del mondo. Individuare qual’ è la realtà che desideriamo e quali sono le prerogative che definiscono l’essere umano in cui possiamo riconoscerci.

Che il futuro sia prevedibile come continuazione del presente è una logica errata. L’imprevedibilità del futuro è confermata dagli avvenimenti del nostro recente passato. La consapevolezza che la qualità della vita umana non può fare a meno di un ambiente salubre e l’esigenza di voler abitare una società più giusta e sempre più democratica, sta accelerando l’evoluzione sociale perciò il futuro sarà un insieme di novità che potranno raccogliere alcuni elementi del presente e del passato ma nulla più, perché gli esseri umani possono scegliere rispetto alle necessità, ai valori in cui credono e a ciò che desiderano e che spesso non sanno neanche descrivere con la parola. Il futuro ci sarà quando lo faremo accadere.

Chi non accetta la logica della supremazia dovrebbe farsi carico di intraprendere l’inizio del cambiamento, cominciando a mettere in pratica ciò che è necessario per cambiare modello: non più il profitto per pochi previlegiati, ma la prospettiva della qualità della vita per tutta l’umanità. Questa prospettiva apre al futuro, perciò richiede l’utilizzo di tutte le risorse umane che abbiamo a disposizione. Non si può scartarne nessuna, se mai se ne devono creare di nuove perché il percorso che ci aspetta è impegnativo e imprevedibile per cui abbiamo bisogno di tutta la nostra capacità anche creativa per far fronte alle novità che si presenteranno.

L’Europa non può chiedere all’America da cui ha origine il pensiero liberista di essere promotrice del cambiamento, deve decidersi a perseguire il progetto della sua esistenza, smettere di annunciarsi e cominciare a costruire la propria unione nella logica del benessere comune senza perdere la propria originalità nella diversità delle storie di ciascuna delle sue componenti. È l’Europa che fonda le sue radici storiche sull’Umanesimo e sulla democrazia e ha come progetto per la sua nascita la costruzione della giustizia sociale, in un mondo di condivisione e di pace. Questo è il compito oggi di noi tutti cittadini europei.


Un commento su “Siamo a un bivio, o liberismo o futuro”

  • Ho iniziato da un po’ a leggere saggi e scritti critici verso il neoliberismo imperante e devastante… DemoS ha tutte le carte per giocare un ruolo importante per una civiltà diversa… mi auguro solo che oltre all’immigrazione si mettano sul tavolo lavoro precario e sottopagato, specie per i giovani; benessere degli anziani e vivibilità del territorio presente e futuro; alloggi accessibili a coloro che non hanno disponibilità economiche; diritto ad una scuola competente, remunerata ed efficace; una sanità pubblica da rafforzare con l’assistenza domiciliare che non sia solo temporanea e infermieristica… il noi inteso come Comunità di persone deve ed è la forza e la caratteristica che ci deve contraddistinguere. Buon lavoro. AGOSTINO da Verona

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