Politica e partiti oggi nell’era digitale
La recente tornata elettorale, con la scarsissima affluenza alle urne, ha messo in evidenza la maturità civile di buona parte dei cittadini che non si sono fatti strumentalizzare dalla proposta di referendum chiaramente funzionali a scopi di leadership personale e di falsa democrazia. Ancora di più, però, nelle scelte per le amministrative, hanno preferito la conservazione del passato, non avendo a disposizione proposte alternative di progetti di futuro.
La politica è l’arte della messa in relazione tra le diversità e la scarsa partecipazione sottolinea ancora una volta la mancanza di fiducia verso una classe politica incapace di svolgere il proprio ruolo.
La terra è una e gli esseri umani devono convivere in questo unico spazio nella loro singolare diversità, questa è una condizione ineludibile, e perché la convivenza sia pacifica è necessaria la comunicazione. Mentre un tempo si ragionava per categorie, oggi sappiamo che la specificità umana è l’unicità di ogni individuo che la compone.
Il linguaggio e la comunicazione si muovono all’interno delle coordinate dello spazio e del tempo. Il linguaggio informatico, avendo modificato il rapporto con il tempo, ha generato una rottura nei processi di relazione, sia a livello interpersonale che a livello universale per quanto riguarda la comunicazione.
Prima dell’avvento dell’informatica, i vari avvenimenti si coordinavano tra loro con processi che davano il tempo di riconoscerli, valutarli e ordinarli; davano il tempo di capirne le relazioni e quindi anche la possibilità di intervenire per correggerne i momenti di crisi. Ogni momento è complesso, in ogni momento accadono avvenimenti che, anche se non ne siamo coscienti, sono correlati fra loro nello spazio; quindi, hanno la tempistica del mezzo con cui vengono messi in relazione. Una volta si percorreva lo spazio a piedi, dunque con un tempo di riflessione abbastanza lungo; con i mezzi di trasporto lo spazio si è contratto; con l’informatica si è annullato perché la sua velocità si avvicina molto a quella della luce, questo toglie la possibilità del ripensamento e della correzione: l’errore rimane definitivo. È una consapevolezza che si deve acquisire per potersi mettere in un giusto rapporto con la realtà che permetta di non essere sopraffatti, di non farsi controllare dallo strumento che si sta usando.
Adesso, col cambio di queste coordinate sono saltati tutti i modelli di riferimento. Questo è avvenuto in maniera rapida e in modo non percepibile fisicamente, senza che venisse rilevato, perché la velocità della trasformazione ha portato ad adeguare a questo parametro lo scambio di relazioni di qualsiasi natura, sia economica che personale, perché si è dato valore alla velocità e non alla finalità di quegli scambi.
Si sono velocizzati i rapporti semplici degli scambi sia interpersonali che tra gli Stati, e in più si sono sottoposte tutte le operazioni alle leggi di mercato, ambito astratto dove i Valori convergono.
Per questo si è pensato che l’interconnessione dei commerci, che viene chiamata globalizzazione, potesse sostituire le relazioni politiche e diplomatiche tra gli Stati.
I grandi scambi commerciali tra le corporazioni produttive, quelle finanziarie, quelle dell’informazione, dell’energia, della ricerca e della conoscenza, hanno dato l’illusione di rispondere allo sviluppo dell’umanità come per la quantità così per la qualità dei rapporti, quando invece hanno solo prodotto una semplificazione e l’impoverimento dei linguaggi, fino alla creazione del pensiero unico, come se l’umanità fosse uguale dappertutto. Come se tutte le popolazioni avessero un livello omogeneo di qualità della vita, come se non ci fosse differenza tra le società governate da dittature e quelle governate da democrazie e come se gli individui di queste popolazioni, avendo lo stesso grado di consapevolezza di sé, avessero le stesse opportunità e le stesse possibilità di accedere agli strumenti necessari al miglioramento della personale qualità della vita.
Per questo si è tagliato corto anche sulla definizione dei concetti, modificando anche il significato delle parole, obbligando a un loro appiattimento e cancellandone la complessità. Parole come libertà, umanità, democrazia hanno perso la profondità storica del concetto; “comunicazione” e “informazione” sono usate come sinonimi; “politica”, “partito” e “potere” altrettanto.
Perché gli intellettuali non mettono in funzione le loro competenze per dare la prospettiva? Perché non si sforzano di immaginare un futuro diverso, più giusto che darebbe spazio alle irrequietezze delle nuove generazioni? Perché non fanno altro che sottolineare il luogo comune, confermandone i privilegi e le ingiustizie, senza criticarlo né confutarlo? Perché l’informazione invece di individuare gli elementi che accomunano e fanno civiltà, sottolineano e rafforzano tutto ciò che divide e crea conflitto?
La classe dirigente nel suo insieme, gli intellettuali e gli imprenditori nello specifico, che avrebbero il compito di immaginare il futuro, da tempo non stanno svolgendo questo ruolo essenziale. Dovrebbero fornire il servizio culturale di mantenere la profondità storica dei vari significati e la loro distinzione, indispensabili a leggere la realtà in modo da consentire alla società di mantenere il grado di civiltà e di benessere acquisiti. È per questo che stiamo peggiorando.
L’informazione è una relazione unidirezionale e realizza uno scambio di conoscenze, di fatti e di dati che descrivono la realtà. La comunicazione, invece, è sempre una relazione biunivoca tra due soggetti che si rivelano e si arricchiscono reciprocamente e, quando una comunicazione è compiuta, crea una nuova dimensione che le contiene entrambe superandole e trasformando la realtà stessa. Il più grande inganno del nostro tempo è usare questi concetti come sinonimi; un inganno che i mass media perpetrano soprattutto sulle nuove generazioni che vivono la profonda esigenza della nostra specie: confrontarsi per definirsi; infatti, si è portati a cercare la comunicazione in questi strumenti tecnologici che non possono offrire invece altro che informazioni.
Questa mancanza di distinzione tra politica, partiti e potere sta distruggendo la democrazia che è la più complessa ed evoluta tra le forme di governo. La “politica” è necessaria perché è il luogo della ricerca del bene comune: è indispensabile per superare il rapporto di forze e prevenire le situazioni di guerra.
Non si deve confondere con i “partiti” che sono gli strumenti intermedi per la sua realizzazione. I partiti una volta proponevano come simbolo di riconoscimento un’utopia, che ha come espressione l’ideologia, ma il loro compito storico si è compiuto, perché la forma ideologica è troppo rigida e crea adattamento e massificazione. Oggi il partito deve offrire la propria prospettiva storica: quale futuro propone per la realizzazione del bene comune per l’intera umanità.
I partiti devono essere molti perché con sette miliardi di persone non può esserci una sola idea di futuro, tutte devono poter essere rappresentate per essere poi integrate tra loro. A questo servono la democrazia, il parlamento e le votazioni a maggioranza e minoranza. Il partito deve descrivere la meta, ma anche tutti i passi del progetto per la sua realizzazione storica, sempre in una dimensione democratica e con i cittadini, nella loro singolarità, come riferimento. Poi deve essere condivisibile e condiviso, altrimenti non può essere corretto in corso d’opera, cosa assolutamente indispensabile nella società di oggi, vista la rapidità con cui gli eventi evolvono. Solo così si può realizzare la libertà comune.
Non meno importante è ricordare che la politica non è finalizzata all’esercizio di un potere, ma è il potere a essere al servizio del bene comune, essenza di una democrazia.
Se le democrazie non svolgono questo loro compito, sicuramente le dittature avranno la meglio, perché il loro progetto di governo e di futuro è più veloce nella realizzazione, dovendo soddisfare i bisogni di pochissimi senza tener conto della complessità né dell’uomo né dell’ambiente, tantomeno del futuro, perché l’interesse si limita all’oggi.
È necessario ridare di nuovo dignità al ruolo della politica, perché la pace è l’ambiente in cui l’umanità può realizzarsi come comunità umana, dove perciò le relazioni tra le persone sono di accoglienza, di ascolto e d’amore e la misura di questo amore è la libertà di tutti.
Questo è l’insegnamento che la storia ci rivela e ribadisce in ogni tempo: la Comunità è una sola, quella Umana.
Grazia Baroni
La politica è l’arte della messa in relazione tra le diversità e la scarsa partecipazione sottolinea ancora una volta la mancanza di fiducia verso una classe politica incapace di svolgere il proprio ruolo.
La terra è una e gli esseri umani devono convivere in questo unico spazio nella loro singolare diversità, questa è una condizione ineludibile, e perché la convivenza sia pacifica è necessaria la comunicazione. Mentre un tempo si ragionava per categorie, oggi sappiamo che la specificità umana è l’unicità di ogni individuo che la compone.
Il linguaggio e la comunicazione si muovono all’interno delle coordinate dello spazio e del tempo. Il linguaggio informatico, avendo modificato il rapporto con il tempo, ha generato una rottura nei processi di relazione, sia a livello interpersonale che a livello universale per quanto riguarda la comunicazione.
Prima dell’avvento dell’informatica, i vari avvenimenti si coordinavano tra loro con processi che davano il tempo di riconoscerli, valutarli e ordinarli; davano il tempo di capirne le relazioni e quindi anche la possibilità di intervenire per correggerne i momenti di crisi. Ogni momento è complesso, in ogni momento accadono avvenimenti che, anche se non ne siamo coscienti, sono correlati fra loro nello spazio; quindi, hanno la tempistica del mezzo con cui vengono messi in relazione. Una volta si percorreva lo spazio a piedi, dunque con un tempo di riflessione abbastanza lungo; con i mezzi di trasporto lo spazio si è contratto; con l’informatica si è annullato perché la sua velocità si avvicina molto a quella della luce, questo toglie la possibilità del ripensamento e della correzione: l’errore rimane definitivo. È una consapevolezza che si deve acquisire per potersi mettere in un giusto rapporto con la realtà che permetta di non essere sopraffatti, di non farsi controllare dallo strumento che si sta usando.
Adesso, col cambio di queste coordinate sono saltati tutti i modelli di riferimento. Questo è avvenuto in maniera rapida e in modo non percepibile fisicamente, senza che venisse rilevato, perché la velocità della trasformazione ha portato ad adeguare a questo parametro lo scambio di relazioni di qualsiasi natura, sia economica che personale, perché si è dato valore alla velocità e non alla finalità di quegli scambi.
Si sono velocizzati i rapporti semplici degli scambi sia interpersonali che tra gli Stati, e in più si sono sottoposte tutte le operazioni alle leggi di mercato, ambito astratto dove i Valori convergono.
Per questo si è pensato che l’interconnessione dei commerci, che viene chiamata globalizzazione, potesse sostituire le relazioni politiche e diplomatiche tra gli Stati.
I grandi scambi commerciali tra le corporazioni produttive, quelle finanziarie, quelle dell’informazione, dell’energia, della ricerca e della conoscenza, hanno dato l’illusione di rispondere allo sviluppo dell’umanità come per la quantità così per la qualità dei rapporti, quando invece hanno solo prodotto una semplificazione e l’impoverimento dei linguaggi, fino alla creazione del pensiero unico, come se l’umanità fosse uguale dappertutto. Come se tutte le popolazioni avessero un livello omogeneo di qualità della vita, come se non ci fosse differenza tra le società governate da dittature e quelle governate da democrazie e come se gli individui di queste popolazioni, avendo lo stesso grado di consapevolezza di sé, avessero le stesse opportunità e le stesse possibilità di accedere agli strumenti necessari al miglioramento della personale qualità della vita.
Per questo si è tagliato corto anche sulla definizione dei concetti, modificando anche il significato delle parole, obbligando a un loro appiattimento e cancellandone la complessità. Parole come libertà, umanità, democrazia hanno perso la profondità storica del concetto; “comunicazione” e “informazione” sono usate come sinonimi; “politica”, “partito” e “potere” altrettanto.
Perché gli intellettuali non mettono in funzione le loro competenze per dare la prospettiva? Perché non si sforzano di immaginare un futuro diverso, più giusto che darebbe spazio alle irrequietezze delle nuove generazioni? Perché non fanno altro che sottolineare il luogo comune, confermandone i privilegi e le ingiustizie, senza criticarlo né confutarlo? Perché l’informazione invece di individuare gli elementi che accomunano e fanno civiltà, sottolineano e rafforzano tutto ciò che divide e crea conflitto?
La classe dirigente nel suo insieme, gli intellettuali e gli imprenditori nello specifico, che avrebbero il compito di immaginare il futuro, da tempo non stanno svolgendo questo ruolo essenziale. Dovrebbero fornire il servizio culturale di mantenere la profondità storica dei vari significati e la loro distinzione, indispensabili a leggere la realtà in modo da consentire alla società di mantenere il grado di civiltà e di benessere acquisiti. È per questo che stiamo peggiorando.
L’informazione è una relazione unidirezionale e realizza uno scambio di conoscenze, di fatti e di dati che descrivono la realtà. La comunicazione, invece, è sempre una relazione biunivoca tra due soggetti che si rivelano e si arricchiscono reciprocamente e, quando una comunicazione è compiuta, crea una nuova dimensione che le contiene entrambe superandole e trasformando la realtà stessa. Il più grande inganno del nostro tempo è usare questi concetti come sinonimi; un inganno che i mass media perpetrano soprattutto sulle nuove generazioni che vivono la profonda esigenza della nostra specie: confrontarsi per definirsi; infatti, si è portati a cercare la comunicazione in questi strumenti tecnologici che non possono offrire invece altro che informazioni.
Questa mancanza di distinzione tra politica, partiti e potere sta distruggendo la democrazia che è la più complessa ed evoluta tra le forme di governo. La “politica” è necessaria perché è il luogo della ricerca del bene comune: è indispensabile per superare il rapporto di forze e prevenire le situazioni di guerra.
Non si deve confondere con i “partiti” che sono gli strumenti intermedi per la sua realizzazione. I partiti una volta proponevano come simbolo di riconoscimento un’utopia, che ha come espressione l’ideologia, ma il loro compito storico si è compiuto, perché la forma ideologica è troppo rigida e crea adattamento e massificazione. Oggi il partito deve offrire la propria prospettiva storica: quale futuro propone per la realizzazione del bene comune per l’intera umanità.
I partiti devono essere molti perché con sette miliardi di persone non può esserci una sola idea di futuro, tutte devono poter essere rappresentate per essere poi integrate tra loro. A questo servono la democrazia, il parlamento e le votazioni a maggioranza e minoranza. Il partito deve descrivere la meta, ma anche tutti i passi del progetto per la sua realizzazione storica, sempre in una dimensione democratica e con i cittadini, nella loro singolarità, come riferimento. Poi deve essere condivisibile e condiviso, altrimenti non può essere corretto in corso d’opera, cosa assolutamente indispensabile nella società di oggi, vista la rapidità con cui gli eventi evolvono. Solo così si può realizzare la libertà comune.
Non meno importante è ricordare che la politica non è finalizzata all’esercizio di un potere, ma è il potere a essere al servizio del bene comune, essenza di una democrazia.
Se le democrazie non svolgono questo loro compito, sicuramente le dittature avranno la meglio, perché il loro progetto di governo e di futuro è più veloce nella realizzazione, dovendo soddisfare i bisogni di pochissimi senza tener conto della complessità né dell’uomo né dell’ambiente, tantomeno del futuro, perché l’interesse si limita all’oggi.
È necessario ridare di nuovo dignità al ruolo della politica, perché la pace è l’ambiente in cui l’umanità può realizzarsi come comunità umana, dove perciò le relazioni tra le persone sono di accoglienza, di ascolto e d’amore e la misura di questo amore è la libertà di tutti.
Questo è l’insegnamento che la storia ci rivela e ribadisce in ogni tempo: la Comunità è una sola, quella Umana.
Grazia Baroni
Lettura lucida, lungimirante e illuminante sulla capacità di fare una sintesi su cui soffermarsi a pensare per una nuova idea di fare politica. Grazia come sempre SAI DAVVERO COMUNICARE! Alessandra