La Storia e la Pace
Grazia Baroni
ci offre una delle sue illuminanti riflessioni sul tema della pace e della democrazia, ribadendo il ruolo dell’Europa neò portare questi valori al mondo intero
Mentre la pandemia e il cambiamento climatico hanno fatto riflettere sulle scelte economiche e sull’uso delle risorse e sul modo di gestire la vita in generale, questa guerra fa riflettere sulla storia: indica il livello storico che l’umanità ha acquisito, a che punto di civiltà siamo arrivati.
Una volta la guerra era considerata un’attività nobile oggi, invece, non è più accettabile da nessun punto di vista: anche un dittatore come Putin, anche i terroristi, devono legittimare le loro azioni militari.
È a partire dalla la Guerra del Golfo che si è dovuti ricorrere ad altri metodi quali le informazioni false, per legittimare l’aggressione all’Iraq. Ora non bastano più le false informazioni puntuali, ci vuole una disinformazione diffusa, graduale, per creare una sufficiente confusione che indebolisca o annienti gli strumenti di resistenza all’opinione pubblica contraria alla guerra.
Perché continuiamo a costruire armi? Abbiamo già tante bombe nucleari da distruggere il mondo più volte e ne abbiamo solo uno su cui vivere tutti quanti… se non è follia questa!
Nonostante questo giudizio le forme della guerra si sono moltiplicate: c’è la disinformazione, quella della propaganda tradizionale, quella informatica con i troll e gli hacker, quella commerciale con embarghi e sanzioni, quella biologica e batteriologica, quella nucleare, quella finanziaria con il blocco delle transazioni bancarie, e quella della tecnologia satellitare.
In Italia, dopo vent’anni di soprusi fascisti e cinque anni di guerra il movimento della resistenza pur nella sua varietà politica e superando le differenze interne ha sentito la necessità di scrivere la costituzione, affinché non ci fossero mai più né fascismo né guerra e venissero create le condizioni basilari e indispensabili alla pace. La pace è una questione di giustizia, richiede la capacità di riconoscere la persona nella sua interezza, nel suo complesso: dalla libertà di pensiero, al diritto al lavoro, dalla possibilità di scegliere come e dove vivere, alla salute e via dicendo. Per questo la sua formulazione è stata un unico progetto da realizzare in solido: non si possono risolvere gli aspetti dell’umanità prendendoli separatamente, uno alla volta. La forma democratica e repubblicana è stata scelta proprio perché era l’unica coerente al superamento del fascismo come modello, e con essa ha potuto iniziare un processo di realizzazione di una società che rispondesse sempre di più al progetto originale, condiviso dai cittadini.
È sempre più evidente che la libertà personale, anche se fondamentale e necessaria, non è sufficiente a garantire né la giustizia né, tanto meno, la pace sociale. Diventa sempre più necessario ripensare alla nascita della Polis come luogo di pace, motivo per cui è stata inventata la forma democratica per governare la società umana in una convivenza pacifica.
Però adesso è anche necessario definire cosa sia la democrazia perché non avere un’idea condivisa crea confusione e squilibri nelle relazioni tra i diversi Paesi in cui questo modello di società è in atto, se non altro perché ciascun paese ha un livello diverso di sviluppo e considerazione dei cittadini.
Quindi si dovrebbe affermare come definizione di democrazia, un insieme di norme che riconoscano a ciascun individuo l’espressione della libertà personale, partecipando alla realizzazione di una condizione di libertà comune. Ciò permetterebbe di garantire i valori umani già riconosciuti che sono, come citato dal prologo della carta dei Diritti dell’Uomo: il diritto alla vita, alla sua qualità, il rispetto delle relazioni e dell’ambiente; la libertà in tutte le sue espressioni: di parola, di credo, libertà dai timori e dal bisogno, libertà di aggregazione, di convivenza, eccetera.
La democrazia non consiste nel voto o nel votare, né nell’avere una maggioranza e una minoranza: se la democrazia è l’esercizio della libertà, il voto serve per scegliere il numero sufficiente e necessario dei rappresentanti nel Parlamento dell’intera cittadinanza e scegliere in che modo realizzare una società libera tra le varie opzioni offerte dai partiti.
Definirsi, come il Presidente dell’Ungheria Orban, capo di una democrazia illiberale, che è un ossimoro, vuol dire che si dà alla parola “democrazia” soltanto il significato di “esercizio del voto” al di fuori di qualsiasi contesto, che sia in libertà o in condizione di coercizione e di paura.
Questi sono strumenti necessari della democrazia, ma non sono la democrazia in sé, sono solo metodi. Il principio di “maggioranza” è un buon criterio perché tende a soddisfare tutti e il criterio di maggioranza approssima, soddisfacendo il maggior numero di cittadini possibile. Questo, però, è solo uno dei criteri di applicazione della democrazia.
Per esercitare la libertà bisogna sapere chi si è e cosa si vuole; quindi, lo stato deve garantire i servizi che forniscono a tutti in maniera paritaria gli strumenti per arrivare a questa conoscenza. Per questa ragione i servizi di base devono essere pubblici e liberi da logiche di profitto: cultura, ricerca, informazione, salute, giustizia, trasporti, così come i beni primari: l’aria, l’acqua e l’energia e oggi anche l’abitare.
Oggi sappiamo che tra l’ideale della libertà e il suo esercizio come democrazia non può mai esserci coincidenza totale. Infatti, man mano che cresce l’esercizio della libertà l’orizzonte del suo ideale si allarga. Riconoscere questa variazione è necessario perché garantisce il livello democratico acquisito e ne assicura il miglioramento. Il livello di esercizio della libertà in Europa ha raggiunto una armonizzazione che lo rende quasi omogeneo al suo interno, ma non con il resto del mondo. Il resto del mondo, però, grazie ai mezzi di comunicazione vede l’Europa e reagisce alla sua realtà come luogo in cui è garantita una migliore qualità della vita.
Oggi dovremmo aver capito che i popoli più liberi devono diffondere le loro conquiste di civiltà e favorire la diffusione della libertà e della democrazia o dovranno per forza armarsi per difenderla dagli egoismi dei singoli e dall’aspirazione di chi la vede come un privilegio, come un’ingiustizia, perché l’uomo che conosce la democrazia e non la vive, ne sente la mancanza.
Rispetto all’evolversi della storia, l’esercizio della libertà in democrazia come organizzazione comune, è molto giovane, è ancora neonata e indifesa. Condannarla perché insufficiente rispetto all’ideale della libertà è molto pericoloso perché rischia di annullarla come conquista storica.
L’Europa, riconoscendo i propri limiti, ha usato l’autocritica per migliorarsi, ma è molto importante mantenere un equilibrio in questo senso: se lasciamo che l’autocritica arrivi fino alla denigrazione smantellando i valori su cui si fonda, ci togliamo la terra da sotto i piedi e diamo spazio alle dittature. L’invasione dell’Ucraina è avvenuta anche perché si è considerata l’Europa una realtà politica debole non solo per il suo ritardo nel costituirsi come potenza internazionale, ma soprattutto per la sua democrazia.
La democrazia è fatta dalle persone, è un modo di vivere la personale libertà e non è mai finita, è sempre migliorabile e da ricostruire costantemente. Questo perché siamo sempre in trasformazione e soprattutto siamo tutti diversi, ma è proprio questo che vuol dire libertà. Per questo si usa l’espressione “tendere” alla democrazia, perché è un processo in continuo sviluppo.
È soltanto costruendo spazi di libertà di ciascuno e sempre più condivisi che si garantisce la pace.
Una volta la guerra era considerata un’attività nobile oggi, invece, non è più accettabile da nessun punto di vista: anche un dittatore come Putin, anche i terroristi, devono legittimare le loro azioni militari.
È a partire dalla la Guerra del Golfo che si è dovuti ricorrere ad altri metodi quali le informazioni false, per legittimare l’aggressione all’Iraq. Ora non bastano più le false informazioni puntuali, ci vuole una disinformazione diffusa, graduale, per creare una sufficiente confusione che indebolisca o annienti gli strumenti di resistenza all’opinione pubblica contraria alla guerra.
Perché continuiamo a costruire armi? Abbiamo già tante bombe nucleari da distruggere il mondo più volte e ne abbiamo solo uno su cui vivere tutti quanti… se non è follia questa!
Nonostante questo giudizio le forme della guerra si sono moltiplicate: c’è la disinformazione, quella della propaganda tradizionale, quella informatica con i troll e gli hacker, quella commerciale con embarghi e sanzioni, quella biologica e batteriologica, quella nucleare, quella finanziaria con il blocco delle transazioni bancarie, e quella della tecnologia satellitare.
In Italia, dopo vent’anni di soprusi fascisti e cinque anni di guerra il movimento della resistenza pur nella sua varietà politica e superando le differenze interne ha sentito la necessità di scrivere la costituzione, affinché non ci fossero mai più né fascismo né guerra e venissero create le condizioni basilari e indispensabili alla pace. La pace è una questione di giustizia, richiede la capacità di riconoscere la persona nella sua interezza, nel suo complesso: dalla libertà di pensiero, al diritto al lavoro, dalla possibilità di scegliere come e dove vivere, alla salute e via dicendo. Per questo la sua formulazione è stata un unico progetto da realizzare in solido: non si possono risolvere gli aspetti dell’umanità prendendoli separatamente, uno alla volta. La forma democratica e repubblicana è stata scelta proprio perché era l’unica coerente al superamento del fascismo come modello, e con essa ha potuto iniziare un processo di realizzazione di una società che rispondesse sempre di più al progetto originale, condiviso dai cittadini.
È sempre più evidente che la libertà personale, anche se fondamentale e necessaria, non è sufficiente a garantire né la giustizia né, tanto meno, la pace sociale. Diventa sempre più necessario ripensare alla nascita della Polis come luogo di pace, motivo per cui è stata inventata la forma democratica per governare la società umana in una convivenza pacifica.
Però adesso è anche necessario definire cosa sia la democrazia perché non avere un’idea condivisa crea confusione e squilibri nelle relazioni tra i diversi Paesi in cui questo modello di società è in atto, se non altro perché ciascun paese ha un livello diverso di sviluppo e considerazione dei cittadini.
Quindi si dovrebbe affermare come definizione di democrazia, un insieme di norme che riconoscano a ciascun individuo l’espressione della libertà personale, partecipando alla realizzazione di una condizione di libertà comune. Ciò permetterebbe di garantire i valori umani già riconosciuti che sono, come citato dal prologo della carta dei Diritti dell’Uomo: il diritto alla vita, alla sua qualità, il rispetto delle relazioni e dell’ambiente; la libertà in tutte le sue espressioni: di parola, di credo, libertà dai timori e dal bisogno, libertà di aggregazione, di convivenza, eccetera.
La democrazia non consiste nel voto o nel votare, né nell’avere una maggioranza e una minoranza: se la democrazia è l’esercizio della libertà, il voto serve per scegliere il numero sufficiente e necessario dei rappresentanti nel Parlamento dell’intera cittadinanza e scegliere in che modo realizzare una società libera tra le varie opzioni offerte dai partiti.
Definirsi, come il Presidente dell’Ungheria Orban, capo di una democrazia illiberale, che è un ossimoro, vuol dire che si dà alla parola “democrazia” soltanto il significato di “esercizio del voto” al di fuori di qualsiasi contesto, che sia in libertà o in condizione di coercizione e di paura.
Questi sono strumenti necessari della democrazia, ma non sono la democrazia in sé, sono solo metodi. Il principio di “maggioranza” è un buon criterio perché tende a soddisfare tutti e il criterio di maggioranza approssima, soddisfacendo il maggior numero di cittadini possibile. Questo, però, è solo uno dei criteri di applicazione della democrazia.
Per esercitare la libertà bisogna sapere chi si è e cosa si vuole; quindi, lo stato deve garantire i servizi che forniscono a tutti in maniera paritaria gli strumenti per arrivare a questa conoscenza. Per questa ragione i servizi di base devono essere pubblici e liberi da logiche di profitto: cultura, ricerca, informazione, salute, giustizia, trasporti, così come i beni primari: l’aria, l’acqua e l’energia e oggi anche l’abitare.
Oggi sappiamo che tra l’ideale della libertà e il suo esercizio come democrazia non può mai esserci coincidenza totale. Infatti, man mano che cresce l’esercizio della libertà l’orizzonte del suo ideale si allarga. Riconoscere questa variazione è necessario perché garantisce il livello democratico acquisito e ne assicura il miglioramento. Il livello di esercizio della libertà in Europa ha raggiunto una armonizzazione che lo rende quasi omogeneo al suo interno, ma non con il resto del mondo. Il resto del mondo, però, grazie ai mezzi di comunicazione vede l’Europa e reagisce alla sua realtà come luogo in cui è garantita una migliore qualità della vita.
Oggi dovremmo aver capito che i popoli più liberi devono diffondere le loro conquiste di civiltà e favorire la diffusione della libertà e della democrazia o dovranno per forza armarsi per difenderla dagli egoismi dei singoli e dall’aspirazione di chi la vede come un privilegio, come un’ingiustizia, perché l’uomo che conosce la democrazia e non la vive, ne sente la mancanza.
Rispetto all’evolversi della storia, l’esercizio della libertà in democrazia come organizzazione comune, è molto giovane, è ancora neonata e indifesa. Condannarla perché insufficiente rispetto all’ideale della libertà è molto pericoloso perché rischia di annullarla come conquista storica.
L’Europa, riconoscendo i propri limiti, ha usato l’autocritica per migliorarsi, ma è molto importante mantenere un equilibrio in questo senso: se lasciamo che l’autocritica arrivi fino alla denigrazione smantellando i valori su cui si fonda, ci togliamo la terra da sotto i piedi e diamo spazio alle dittature. L’invasione dell’Ucraina è avvenuta anche perché si è considerata l’Europa una realtà politica debole non solo per il suo ritardo nel costituirsi come potenza internazionale, ma soprattutto per la sua democrazia.
La democrazia è fatta dalle persone, è un modo di vivere la personale libertà e non è mai finita, è sempre migliorabile e da ricostruire costantemente. Questo perché siamo sempre in trasformazione e soprattutto siamo tutti diversi, ma è proprio questo che vuol dire libertà. Per questo si usa l’espressione “tendere” alla democrazia, perché è un processo in continuo sviluppo.
È soltanto costruendo spazi di libertà di ciascuno e sempre più condivisi che si garantisce la pace.