Il futuro c’è se si progetta
È ora di aprire un confronto perché l’occasione storica delle elezioni europee che si compirà tra due anni trovi spazio di scambio e di ricerca per la costruzione di un progetto all’altezza della storia. È ora che i mezzi di comunicazione e di informazione svolgano il compito che compete loro: essere al servizio dello sviluppo della società umana e del suo miglioramento e non quello di cavalcare le divisioni e le contrapposizioni di una società che sta affrontando un momento inedito sia per le difficoltà pratiche da superare sia per un futuro che, senza un progetto collettivo di sviluppo, si prospetta come catastrofico.
Tutti i mezzi di informazione da oggi dovrebbero dare spazio a questo tema centrale: come costruire il nostro futuro, anziché dilungarsi in maniera sfiancante e ripetitiva su un unico argomento che monopolizza l’informazione oggi, il problema del vaccino e della carta verde che, anche se importante e controverso in tanti modi, stiamo affrontando e risolvendo. Il primo passo può essere la costruzione della comunità europea. Siamo di fronte alla possibilità di creare una nuova realtà politica capace di integrare le potenzialità dei suoi singoli stati e di imparare dagli errori del passato per dare origine ad una novità storica organizzata necessaria ad affrontare le nuove sfide che ci si prospettano e finalizzata al rinnovamento di una democrazia che porti allo sviluppo universale. Per sviluppo non si intende un aumento quantitativo (del progresso, della tecnologia o di guadagno), ma un miglioramento delle qualità umane, delle relazioni sociali, economiche e lavorative. Lo sviluppo non può essere chiuso, deve essere aperto ad una prospettiva più evoluta.
Pensiamo a come vogliamo il nostro futuro invece che inseguire i problemi e le contrapposizioni dialettiche sollevate dall’emergenza pandemica.
L’attuale situazione ha messo in evidenza le carenze strutturali della nostra società. Carenze che, per altro, vengono da lontano: la necessità di una scuola che risolva le differenze e non che le accentui. Una scuola che veramente dia gli strumenti a tutti i cittadini per capire in primo luogo il valore della libertà e della civiltà a prescindere dalla pur importante cittadinanza e poi il momento in cui si vive. Una scuola che sappia garantire a ciascuno gli strumenti per costruirsi il futuro sia come singolo individuo, che come società.
La necessità che all’Università sia restituito il compito di svolgere la ricerca di base, perché questa è l’unica garanzia che abbiamo a che sia pubblica e finalizzata al benessere dell’umanità e della natura e non al profitto.
L’emergenza in cui ci troviamo ha solo messo in evidenza la necessità di un uso delle risorse della Terra non basato sullo spreco e sul consumo, ma su un loro utilizzo oculato che non penalizzi l’organizzazione sociale o le fasce più povere ma che tenda ad una loro distribuzione equa a livello globale, anzi, che migliori la qualità della vita per tutti; poiché sappiamo che migliorando il rapporto dell’umanità con la natura, migliora la qualità della vita.
Questi sono già tre punti su cui si può iniziare a tracciare una bozza di progetto d’Europa, che consideri nuovi modelli per costruire una vita dignitosa per l’intera umanità e che risponda a queste proposte.
Va ripensato un progetto di Europa che si scosti dalla logica dell’economia di mercato come solo punto di riferimento, ma scelga invece la persona, la qualità – ormai improcrastinabile – dell’ambiente e la forma democratica di governo come prospettiva per la sua realizzazione, la sua costruzione e il suo sviluppo.
Oggi possiamo toccare con mano cosa ha voluto dire scegliere come modello unico universale l’economia di mercato e la sua potenza distruttrice nello scompenso ecologico, nella distruzione dell’equilibrio naturale che ha prodotto il cambiamento climatico e che ha conseguenze altrettanto disastrose sugli equilibri sociali. Questa scelta, Infatti, ha innescato un aumento della povertà a tutti i livelli, da quello del cibo a quello culturale e sociale; ha portato al blocco del processo di emancipazione dell’umanità, che sembrava così raggiungibile, dalle molteplici necessità per una vita dignitosa almeno per la maggioranza di noi.
Come ha detto recentemente anche il nostro Presidente del Consiglio, questa scelta di cambio di direzione o è immediata o non avrà luogo affatto perché, scaduto questo tempo, lo squilibrio sarà irreversibile. Dobbiamo muoverci immediatamente – e per fortuna le elezioni per l’Europa saranno tra due anni, giusto il tempo per preparare una campagna di informazione finalizzata a far eleggere il parlamento costituente che abbia come unico scopo quello di scrivere la Costituzione di una nuova Europa. Non perdiamo questa occasione che non si presenterà più così tempestivamente.
I mezzi di informazione dovrebbero veramente dare il maggior spazio possibile a questi temi determinanti per il futuro dell’Italia, dell’Europa ma anche per l’intera umanità, in modo da permettere un serio confronto tra le diverse visioni possibili per la costruzione di una nuova realtà politica e istituzionale. Sarebbe opportuno abbandonare, almeno per questo periodo, l’abitudine divisiva e sterile di sottolineare le contrapposizioni, spesso strumentali a interessi particolari e non a risolvere i problemi della nostra società. Non sono certo né i vaccini né il green pass che ci tolgono la libertà, ma piuttosto il non avere una realtà democratica all’altezza della complessità che dovremo affrontare.
È ora che i mezzi di informazione siano veramente strumenti per la ricerca di una realtà comune, nella realizzazione della quale ciascuno si senta coinvolto in prima persona. Questa è la sola condizione necessaria affinché ognuno si assuma la responsabilità di una riuscita del progetto, personale e comune, nel quale ciascuno trovi finalmente la sua dimensione di senso della vita e di soddisfazione.
Grazia Baroni