La situazione in cui da un anno ci troviamo ha messo in evidenza in maniera chiara quali sono gli ambiti della società su cui bisogna assolutamente investire, non solo per invertire la tendenza al declino già presente prima della crisi COVID-19, ma per acquisire gli strumenti necessari ad affrontare il futuro. Ormai è chiaro che il futuro sarà per molti aspetti imprevedibile e per questo è necessario attivare e sostenere, nella formazione in particolare, l’elemento creativo e le capacità imprenditive dell’essere umano. Quindi la scuola ha il dovere prioritario di fornire gli strumenti necessari a sviluppare queste due qualità fondamentali, in quest’ottica deve essere pensata tutta la struttura scolastica fino all’università.
L’università dovrebbe diventare l’istituzione predisposta ad accogliere non solo l’eccellenza della civiltà attuale, ma soprattutto l’originalità del nuovo che prevede una migliore qualità della vita in senso democratico, quindi deve accogliere il maggior numero di persone possibile, avendo come sua impostazione l’attenzione ad un buon rapporto con l’ambiente sia naturale e sia umano.
Questo vuol dire modificare radicalmente l’attuale struttura di reclutamento della docenza universitaria che oggi si basa su concorsi che verificano solo il miglior adattamento al già consolidato, sia delle discipline e sia nelle relazioni sociali, con il risultato che lo sviluppo evolutivo verso l’alto della società italiana è bloccato. Bloccare l’apice comporta una paralisi di tutto il sistema e un’inevitabile condanna alla mediocrità e al declino, non solo formativo e culturale, ma proprio del senso di cittadinanza e civiltà, come sta accadendo da ormai troppi anni in Italia.
Costruire una struttura che sia predisposta al nuovo e al meglio non vuol dire, come oggi si fa, premiare il merito attraverso un sistema di giudizio che per sua natura suggerisce corruzione e privilegi, ma vuol dire creare un sistema di reclutamento che stimoli la ricerca per la costruzione di un futuro aperto, capace di accogliere le novità. Quindi basato sulla valutazione di tematiche di ricerca, progetti di sviluppo e creazione di novità tecniche, scientifiche e culturali, della sfera universitaria e delle professionalità a trecentosessanta gradi.
Perché l’università sia il luogo dove non solo si raccoglie il meglio dell’intera storia umana in ogni suo aspetto, ma dove si accolga la novità per un futuro migliore è necessario che sia aperta al maggior numero di giovani studenti possibile. Questi devono poter trovare una struttura che metta a loro disposizione gli strumenti per capire e utilizzare al meglio le loro capacità e le loro potenzialità, infatti sono i giovani che possono prevedere il futuro perché lo incarnano.
Eliminare il numero chiuso è il primo passo economicamente efficiente che possiamo proporre come Torino Città Universitaria, sperimentando un nuovo modello accogliente che scommette sui giovani e ha il coraggio di investire sulle novità. Il numero chiuso è un elemento economicamente perdente perché si basa sulla disponibilità di un 25-30% di posti universitari a fronte di un investimento del 100 % in formazione culturale scolastica dei nuovi nati. Ciò mostra quanto sia economicamente deficitaria questa impostazione, senza contare l’insoddisfazione sociale e la frustrazione che produce, tanto da spingere i giovani a lasciare il Paese.
Oltretutto questa impostazione sul numero chiuso è assolutamente antistorica, perché i due terzi dei prossimi lavoratori faranno lavori che non esistono ancora, assolutamente imprevedibili. La formazione deve mirare ad una duttilità del discente che lo porti a svolgere servizi che risponderanno a bisogni ancora ignoti, inoltre non dovrebbe più esserci una gerarchia dei mestieri, non c’è alcun lavoro non dignitoso, perché sono tutti svolti da esseri umani nella loro compiutezza e nell’ottica di operare al meglio delle proprie capacità e al servizio della società. Questo accade solo se chi lo compie è soddisfatto di quello che fa, se trova gusto nel lavorare.
Torino potrebbe essere la prima università che si struttura come progetto in solido con l’intera struttura scolastica, come lo spazio che accoglie e accompagna la preparazione e la formazione di persone che, sapendo di avere qualità creative, le possano sviluppare a favore di una società più democratica in ogni suo aspetto. Una istituzione scolastica di formazione e di ricerca che prepari tutti, a partire dalle nuove generazioni, ad essere più capaci di affrontare le sfide dal cambiamento climatico a quello demografico, imparando ad usare a questo scopo gli strumenti tecnologici che oggi abbiamo a disposizione.
Questa è una proposta non solo per rendere Torino una città attraente, ma per ridare a questa città il ruolo di avanguardia culturale e civile che ha spesso ricoperto nella storia. Un progetto che è possibile impostare da oggi usando le risorse economiche che l’Europa mette a disposizione, reclutando le moltissime eccellenti sperimentazioni che esistono in ogni ambito scolastico dalla materna alla scuola superiore e che potrà essere monitorato in ogni suo momento di applicazione per mettere a fuoco metodologie e strumenti necessari per creare una società aperta e preparata a un futuro per definizione imprevedibile.
Bisogna predisporci a pensare ad una nuova umanità e ad una organizzazione sociale più giusta, più democratica e rispettosa dell’ambiente, che si assuma perciò la responsabilità non solo dell’attuale ma anche delle future generazioni.
Grazia Baroni