Come andare oltre Dublino
Lettera di Pietro Bartolo e Giuliano Pisapia al direttore di Repubblica
Caro direttore, Sea Watch, Mediterranea e Ocean Viking sono diventati purtroppo i drammatici simboli di questa pazza estate italiana. Per diverse settimane abbiamo fatto i conti, da una parte, con le immagini devastanti dei bambini, delle donne e degli uomini sempre più disperati che erano a bordo di quelle navi e, dall’altra, con le scelte grette e ciniche di una politica che aveva un solo obiettivo: lucrare consensi, non certo risolvere i problemi.
La politica, la buona politica, ha il compito di cercare soluzioni, non di enfatizzare le difficoltà. C’è da augurarsi che questa stagione sia finita e che si torni a riflettere su che cosa si può fare davvero, senza alimentare paure e aizzare guerre contro l’Europa, perché solo a livello europeo possiamo riuscire a risolvere queste sfide.
Come ha ricordato Enrico Letta, lo scoglio rispetto al tema migratorio è il Regolamento di Dublino, la cui modifica, finalizzata a una equa distribuzione delle responsabilità tra gli Stati membri dell’UE, era stata approvata a larga maggioranza dal Parlamento Europeo nella passata legislatura. Ma l’opposizione a qualsiasi forma di solidarietà obbligatoria da parte dell’Ungheria e del “blocco Visegrad”, alleati di Salvini, così come di altri Paesi che non vogliono assumersi le proprie responsabilità, ha bloccato la riforma nei banchi del Consiglio dei ministri.
Non ha aiutato nemmeno l’atteggiamento del governo giallo-verde che non si è neppure presentato al Consiglio quando si parlava di immigrazione. Perché, come si è visto, è più facile sparare cannonate sui social che lavorare fino allo sfinimento per trovare soluzioni.
Adesso, e la proposta avanzata da Enrico Letta sulle vostre pagine ha gettato il sasso nello stagno, è ora di riprendere in mano la questione con serietà e di andare oltre la retorica — ormai stucchevole — del «superare Dublino». In termini generali, è chiaro a tutti che, perché l’Europa non resti schiacciata dagli interessi dei singoli Paesi, per la modifica dei trattati europei è necessario superare il criterio dell’unanimità passando a un principio di maggioranza. Ma nel frattempo? C’è una strada che si può percorrere perché a differenza dei Trattati, i Regolamenti possono essere modificati con una maggioranza qualificata del Consiglio composto dai rappresentanti dei governi europei. La strada è già stata aperta dal presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, e da Ursula von der Leyen che, quando si è presentata a Strasburgo per sostenere la sua candidatura alla presidenza della Commissione, si è impegnata pubblicamente proprio a modificare il Regolamento di Dublino. Questa, a nostro avviso, è la soluzione all’attuale crisi e il primo passo per la creazione di un sistema europeo di asilo che sia efficiente e garantisca maggiore solidarietà tra gli Stati membri e una degna accoglienza per coloro che arrivano in Europa alla ricerca di protezione.
Ecco perché, soprattutto se diventerà realtà l’accordo con Germania e Francia sulla distribuzione dei migranti che sbarcano in Italia, è necessario che il Consiglio approvi a maggioranza una propria proposta di riforma come il Parlamento ha già fatto nel novembre 2017. Nella scorsa Legislatura il Parlamento ha dimostrato forza e visione. La riforma di Dublino, come già ricordato, è stata bloccata non per resistenze o veti parlamentari, ma per egoismi nazionali.
I luoghi democratici e di confronto come sono i Parlamenti non sono mai barriere o muri di gomma. In Italia un cambiamento è stato avviato, seppur con difficoltà, sofferenze, disillusioni. Speriamo di vederlo presto anche in altri Paesi europei. Se non ora, quando?
Gli autori sono rispettivamente Vicepresidente della Commissione Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni e Vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali, Parlamento Europeo